Carlo Alberto, reggente suo malgrado, lamenta di essere stato abbandonato da tutti, specie da quelli che piú hanno insistito perché assumesse la reggenza; auspica l'ora dell'arrivo di Carlo Felice; invoca l'appoggio diplomatico inglese a Vienna, e l'invio a Genova di una o due navi da guerra britanniche: i suoi propositi appaiono incerti e contradittorî. È un documento davvero impressionante, che induce a viva pietà per il giovanissimo principe, anche se possa sorprenderci un poco, in bocca a lui, la seguente intemerata, omessa dal Rodolico: «Egli sconfessò e riprovò energicamente la condotta del signor di Caraglio e di altri, i quali, per usare le sue espressioni, si alzarono dalla tavola del re per tradirlo e commettere degli atti di brigantaggio». Non avrebbe dovuto Carlo Alberto serbare in proposito piú misurato linguaggio? Ma il Percy non azzardò commenti né nel dispaccio al Castlereagh, né, tanto meno, nella prudente risposta fatta all'imbarazzatissimo principe:
Osservai a S. A. che non avevo alcuna autorità per darle anche le piú lievi speranze di successo in questo negoziato; ... che tuttavia, e pel mio personale attaccamento e per la mia radicata convinzione che la nazione piemontese non desiderasse la rivoluzione, ero premurosamente disposto a sollecitare la presentazione della sua domanda a V. S. (al Castlereagh cioè); ma che ero fermamente persuaso che qualunque misura ostile non provocata contro l'Austria avrebbe portato a conseguenze di grave pregiudizio al compimento dei suoi voti(29).
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