Certo che la corte deve trovarsi nel piú grave dilemma circa S. A. S.: giacché se il principe venisse perdonato, si farebbe, in qualche misura, ingiustizia a molti ufficiali già condannati... D'altra parte il principe è erede presuntivo della Corona, e ha un bambino... Si pensa forse di trasmettere i suoi diritti ai suoi cugini di Francia, fin qui ignorati dalla corte per le loro mésalliances? C'è chi lo dice.
La testimonianza del Des Geneys è molto importante: contro di essa non valgono, infatti, gli argomenti abilmente usati dal Rodolico per infirmare la versione Revel. È il Des Geneys che per il primo insinua nell'animo del ministro inglese il dubbio che il perdono di re Vittorio, da lui fino allora considerato sufficiente a chiarire giuridicamente la posizione del principe, possa considerarsi come non avvenuto, perché accordato in seguito a una confessione reticente. Di piú: che le circostanze medesime nelle quali esso è stato accordato, possano costituire una singolare aggravante per la posizione del principe. L'aver re Vittorio evitato con tanta cura, a rischio di perdersi fra i monti, un incontro con lui, non autorizzava il sospetto, e quasi la certezza, che il duro contegno di Carlo Felice verso l'erede presuntivo fosse, piú che giustificato, pienamente approvato dal suo bonario fratello? Il ministro Hill, è ben naturale, restò sconcertato e dubbioso. Perfino il conte d'Aglié (l'equilibrato rappresentante sardo presso la corte inglese), allora di passaggio per Genova, gli aveva espresso la sua «cattiva opinione» di Carlo Alberto(58).
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