E lo Hill, a commento:
Non citerei questi piccoli particolari se essi non avessero contribuito, insieme con le altre circostanze piú flagranti, alla ferma e importante determinazione, cui adesso si è giunti, di non piú permettere il ritorno del principe a Torino.
Anche in questo caso, ne conveniamo senz'altro, il brano omesso dal Rodolico non ci rivela proprio nulla di nuovo: la questione della corte marziale e l'altra del ritorno di Carlo Alberto erano già state, infatti, affrontate e, almeno pareva, risolte, durante il viaggio di Carlo Felice in Toscana, nel mese di giugno. Il lettore però potrà darci torto se ci permetteremo di dire che, a nostro giudizio, quella secca, perentoria risposta del re circa l'inevitabile esito di un giudizio marziale istituito a carico di Carlo Alberto meritava di venir riportata? Se non altro per giustizia verso Carlo Felice, che non è equo rappresentare come unicamente intento, in un colloquio con un diplomatico straniero, a dar sfogo ai suoi malevoli e generici risentimenti contro l'erede al trono. La di lui convinzione assoluta della inescusabile colpevolezza di Carlo Alberto può e deve venire ampiamente discussa; ma è pur doveroso rendergli atto che egli ben seppe esprimerla al ministro d'Inghilterra con dignitosa, regale fermezza.
E a questo proposito ci si permetta una breve parentesi. Tanto il Luzio che il Lemmi(63), e dietro a loro molti altri storici, osservano che con la lettera diretta a Carlo Alberto il 31 marzo 1821 Carlo Felice pareva aver perdonato il nipote, o quanto meno che dal contesto di quella lettera egli pareva animato verso di lui da sentimenti ben piú indulgenti di quelli manifestatigli nel seguito.
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