Sí, noi avremmo preferito qualunque altro verbo, in questa occasione, a quello «spandere» prescelto dal poeta, e la «sembianza amara» ci fa pensare piuttosto a qualche ingrata droga che non all'inverno o al maltempo; ma chi vorrà negare che per quattordici anni, via, non c'era male? La donna, anche se col D maiuscolo, sapeva suggerire al poeta imagini piú felici, e un versificare piú spontaneo e semplice che non gli esempi dell'astratta virtú o le gloriose vicende dei santi virili. Giacché la donna gli era nel cuore e nella fantasia di ragazzo sognatore e romantico, mentre la storia sacra, come tale, non gli diceva assolutamente piú nulla.
Non stampati, se Dio vuole, ma tra le poesie di quel tempo, troviamo altri sonetti del Montanelli. Un Temistocle al soglio di Serse, che, accusando di lontano un miglio la bravura di un primo della classe, non saprebbe che infastidire quando il primo endecasillabo, col richiamarci alla memoria l'offenbachiana Belle Hélène, non ci mettesse, piuttosto, di buon umore:
Quel Temistocle io son che un dí sostegno...
Il giovane arcade era, s'intende, un pacifista convinto: grave sventura della causa antibellica quella di non riuscire a ispirare di sé che trilustri!
Chi fu, chi fu colui che armò primierol'omero e il fianco di faretra e d'arco?
Quanto spietato ei fu, qual grave incarcosovrappose di mali all'orbe intero!
Senonché a qualche maggior indulgenza vuole indurci il sospetto che di questi e altrettali sonettucci Beppe imbrattasse le carte ancor prima del 1827. Si veda, ad esempio, quello consacrato alla morte del Canova (e il Canova, si sa, morí nel 1822) dove non sapresti se piú ammirare le «onorate porte» dell'artista o il suo «mesto in letto» giacere o il librare «le penne» dell'inesorabile giustiziera.
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