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Il Malenchini non era neppure lui quel che si dice uno stinco di santo, nei suoi giovani anni, né il Biscardi, né il Fabrizi. Luigi Tonti, pistoiese, poetava e sognava cosí romanticamente col suo fraterno amico Montanelli, e tanta luna, pallida naturalmente, era nei suoi versi, che questi, al confronto, avrebbe potuto dirsi inclinato addirittura all'epica!
Cosí le matricole; cosí, se non peggio, gli anziani: tra i quali non possono dimenticarsi Michele Carducci, babbo di Giosuè, ed un Giovanni Frassi, e Giuseppe Mazzoni di Prato: ai quali vorrei aggiungere Francesco Forti, il grandissimo giurista, di soli sette anni maggiore al Montanelli, e come lui allievo del Carmignani(103), e il Guadagnoli, che per quanto assai piú vecchio di costoro, già laureato da alcuni anni, seguitava a vivere e a folleggiare a Pisa, in compagnia degli studenti, eterno studente lui pure, nei modi di vita e in quel suo prender cosí sul serio le filastrocche che scompisciava con troppo piú brio che arte. Un altro, che studente non era piú da molto tempo, ma che a Pisa capitava di tanto in tanto, e che - soprattutto - il Montanelli incontrava durante le vacanze a Fucecchio, era Silvestro Centofanti: un uomo di gran sapere, certo, e di grandissimo entusiasmo per gli studi, cui però la soverchia opinione di sé e il facile eclettismo tolsero di segnare in un campo o nell'altro quel profondo solco fecondatore che non ha proprio nulla a che vedere coi successoni mondani, libreschi o cattedratici. Montanelli, studente svogliato di legge, ma lettore appassionato e assetato di coltura extra accademica, gli si attaccò, a Fucecchio, con quello smisurato slancio che era una delle piú belle e anche delle piú pericolose caratteristiche del suo temperamento.
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