Certo, l'università di Pisa non era allora proprio nel suo fiore; tramontati da tempo i suoi astri maggiori (l'ultimo, il celebre Pacchiani, aveva appena lasciato la cattedra di fisica), rimanevano riditori e accademizzatori; cosicché, un po' per colpa di qualche singolo docente e un po' perché dal '15 in poi tanti germi di libera vita, cioè di cultura, erano stati, anche in Toscana, sistematicamente soffocati e isteriliti - non per nulla le università sono i registratori piú certi, e direi quasi i termometri, d'ogni minima oscillazione della temperatura spirituale di un determinato paese - la Sapienza poteva già dirsi in lento, ma certo decadimento. Comunque, qualche bel nome continuava ancora ad adornare di sé le liste professorali: e basterà citare un Rosini e un Ragnoli, a lettere, un Carmignani e un Del Rosso, a legge(109), alle cui lezioni accorreva sempre una gran folla non di soli studenti, e delle cui opere si parlava non pure in Toscana, ma in tutta la Italia dotta, e anche al di là delle Alpi. Al Rosini (vedremo come si facesse rider dietro per le sue correzioni... al Manzoni) proverbiato per la sua prosopopea, tutti perdonavano sorridendo la mania di scrivere romanzi e commedie, che lui soltanto considerava immortali, perché come insegnante, era indubbiamente assai dotto e infaticabile, e come uomo d'una bontà e d'un candore a tutta prova. Certo, il Montanelli frequentava i suoi corsi e, se non la sua casa, certo, o al caffè o in altre conversazioni, lo avvicinò di frequente.
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