Il Tommaseo gli ha proposto di collaborare a una raccolta di biografie: il Montanelli accetta con entusiasmo. «Il desiderio di poter giovare in qualche parte alla umanità m'infiamma talmente che son pronto a fare qualunque cosa, ove mi sia indicata. Ti prego a disporre di me in tutto ciò che ti piace»(128). Attraversa quel periodo beato dal quale si crede che il mondo non sia che un gigantesco laboratorio per le proprie impazienze risanatrici: ad ogni male un rimedio e, perché torni piú efficace, non altro che il fermo volere dei «buoni».
Nel novembre del '32 Montanelli legge sull'«Antologia» un articolo del Tommaseo sulle cose italiane. È fuori di sé, l'entusiasmo suo e dei suoi «giovani amici egualmente infiammati d'amore per la umanità» non conosce piú limiti. Saluta in Tommaseo un maestro nella piú vera ed estesa accezione del termine(129).
Credimi - continua - che fra i tanti giovani che frequentano l'università alcuni ve ne sono dai quali può molto sperare la nostra patria. Se i precettori sapessero fecondare questi germi che natura ha posto nel cuore di molti, il numero dei buoni sarebbe anco maggiore, perché oh quanto male rispondono, mio caro Tommaseo, allo slancio della gioventú i metodi degli insegnamenti!, e se tu domandassi a quelli che hanno intrapresa la rischiosa via della sapienza da chi abbiano ricevuto l'impulso al ben fare, ben di rado ti sarà risposto che questo impulso fu dato da un istitutore. Io m'ingegno di trasferire in tutti i miei compagni quei nobili sentimenti dai quali sono infiammato, e tale è lo scopo dei miei pensamenti e delle mie opere giornaliere.
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