Scomparso lui dalla scena del mondo, si poté anche inalzargli monumenti e variamente onorarne la memoria, ma un processo di revisione di quella specie di condanna morale che lo aveva colpito e atterrato negli ultimi anni non venne mai piú.
Intenti a ritracciare in base a nuovi documenti la vita di lui, singolarmente bistrattata quasi piú da incauti apologisti che non dai suoi stessi denigratori, vorremmo adesso non proprio avviarlo noi, questo processo di revisione, ma per lo meno radunarne gli elementi necessari: persuasi come siamo che il chiarimento di questo episodio possa giovare altresí a mettere in luce, piú generalmente, certi modi e certe forme, altamente caratteristici, del glorioso rivolgimento toscano.
Il 27 aprile del 1859, esattamente alla stessa ora nella quale a Firenze aveva luogo la pacifica cacciata del granduca, Giuseppe Montanelli, esule in Francia ormai da dieci anni, partiva per l'Italia, deliberato, nonostante la non piú giovane età (egli era nato a Fucecchio nel 1813) e la malferma salute, a prender parte alla guerra, arruolandosi fra i volontari toscani(177). Giornata di vibrante entusiasmo, a Parigi: truppe in partenza, inni ed acclamazioni, l'Italia in tutti i cuori e su tutte le labbra. L'ex triumviro della Toscana, l'illustre autore delle Memorie, l'applaudito poeta della Tentazione e di Camma, a buon diritto poteva dar libero sfogo alla sua esultanza, giacché quel che accadeva gli appariva come una solenne conferma delle sue previsioni e in qualche modo come un altissimo premio alla sua incessante propaganda politica, costantemente ispirata al concetto fondamentale della complementarità del problema italiano con quello generale europeo.
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