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      Suggeriva, per la Toscana, una energica ripresa del movimento di agitazione liberale, in vista di costringere il granduca a consentire ad un ministero costituzionale il quale preparasse la partecipazione della Toscana alla guerra auspicata: ché se il granduca vi si fosse opposto, per appellarsi all'Austria (scriveva e faceva scrivere, nel gennaio e nel febbraio, al Puccioni, al Parra, al Visconti Venosta e ad altri ancora), ecco trovato un eccellente pretesto per un contro-intervento franco-sardo, cioè appunto per provocare la guerra(182). Da Torino, invece, gli si scriveva autorevolmente perché procurasse anche lui di persuadere i suoi amici toscani a organizzare piuttosto un moto insurrezionale che avrebbe dovuto scoppiare non appena in Piemonte i preparativi per la guerra fossero stati compiuti; e, insieme, s'invocava la sua presenza animatrice nella capitale sabauda(183). Era quello il tempo nel quale sembrava che gli energici sforzi della politica inglese per scongiurare il conflitto dovesse trionfare, impantanando la questione italiana in un congresso delle potenze.
      Il Montanelli frattanto s'adoperava a sollecitare l'afflusso di volontari dalla Toscana in Piemonte: l'indifferenza o la freddezza degl'italiani nell'imminenza della crisi presumibilmente risolutiva lo preoccupavano immensamente(184). Si rendeva conto infatti che solamente sui campi di battaglia l'Italia avrebbe potuto fornire la prova decisiva della sua maturità nazionale: e i sintomi, già manifesti, di una rinnovata abdicazione dei suoi compatrioti del centro e del mezzogiorno di fronte all'attesa azione franco-sabauda lo inducevano ai piú tristi presagi.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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