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      Il mirabile esempio lombardo - e con i lombardi egli si teneva da tempo in assiduo contatto - restava malauguratamente isolato(185).
      Innumerevoli lettere, innumerevoli articoli e pseudo-corrispondenze italiane, redatti in quel suo stile caldo, imaginoso, poetico, seppure talvolta un poco prolisso, uscivano dalla sua penna. Si poneva in rapporto col principe Gerolamo Napoleone(186), si recava - per la prima volta in dieci anni - a intervistare l'imperatore nella vana speranza di penetrarne gl'intendimenti finali circa l'assetto che si sarebbe potuto dare all'Italia dopo la guerra(187); studiava, d'intesa con gli amici di Firenze e di Torino, la possibile immediata fondazione, a Parigi di un giornale in lingua francese consacrato alla causa italiana(188); si occupava a far tradurre e a diffondere il celebre opuscolo Toscana e Austria(189); dettava manifesti alla nazione tedesca per incitarla a seguire con simpatia o almeno con minor diffidenza l'imminente impresa liberatrice d'Italia, imaginava, allo stesso scopo, un indirizzo dei protestanti italiani ai correligionari inglesi e tedeschi(190); scriveva al Poerio, di fresco sbarcato in Inghilterra, reduce dalle galere borboniche, suggerendogli di sfruttare l'immensa sua popolarità in quel paese per indurre il governo a farsi banditore, nel temuto Congresso, della restituzione ai Toscani e ai Napoletani delle costituzioni del '48, illegalmente abrogate(191).
      Fu, ripetiamo, un periodo ansioso e attivissimo, durante il quale il Montanelli, trascurando ogni altro suo interesse(192) e differenziandosi dai piú dei colleghi in repubblicanismo, clamorosamente ostili ad una guerra voluta dal despota napoleonico, si prodigò con incessante entusiasmo.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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