E finalmente fu la guerra, la sospirata partenza per l'Italia.
Il Montanelli era cosí mal ridotto in salute(193) che, pur avendo interrotto il suo viaggio a Chambéry(194), appena giunto a Torino(195), ammalò. Riavutosi, volle, prima di partire pel campo, conferire col Cavour (oltre che con vecchi suoi amici quali il La Farina, il Pallavicino, il Farini). I due, che fino allora non si erano mai incontrati - avrebbero dovuto vedersi a Parigi, un mese innanzi, ma poi l'affrettata partenza del Cavour aveva fatto mancare il ritrovo(196), - ebbero un esauriente colloquio, e a quanto pare si lasciarono soddisfatti l'uno dell'altro. Il Cavour, anzi, ripetutamente insistette perché, rinunciando all'idea di prender parte alla guerra, il Montanelli - il quale non poteva servirsi del braccio sinistro, malamente ferito nel '48, a Curtatone - si disponesse ad accettare un qualche ufficio politico meglio atto a sfruttare le sue capacità(197); anche gli amici francesi lo avevano scongiurato di non esporsi a fatiche troppo superiori alle sue deboli forze (come non capiva che, di fronte al nemico, un robusto contadino valeva mille volte piú di un intellettuale incurvato sui libri?)(198). Ma il Montanelli che, come si è detto, avrebbe voluto vedere quella guerra trasformata dagli italiani in una specie di crociata nazionale, e che sentiva come vergogna e sciagura d'Italia che le truppe francesi avessero a far l'esperienza delle imbelli virtú della maggioranza dei suoi compatrioti, rifiutò netto: e con lo slancio di undici anni prima, soltanto men giovane e forte, partí per il campo, resistendo finanche al desiderio nostalgico di rivedere al piú presto la sua Toscana; ma invero il meglio della Toscana non erano proprio quei volontari che egli si apprestava a raggiungere?
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