Lo scrisse, fra gli altri, al Michelet: «Giorni sono ad Alessandria ebbi una conferenza con l'imperatore. Quanto alla questione dell'ordinamento politico non mi parve disposto di tener conto della opinione che su questo manifesterà a suo tempo l'Italia. Ma ora è vivamente preoccupato della guerra»(212). Senonché gli argomenti usati dal Montanelli per avvalorare la tesi unitaria dovevano aver suscitato qualche impressione nell'animo del suo interlocutore. Pochi giorni dopo, infatti, avendo questi designato due personaggi del suo seguito, il senatore Pietri e il professor Rapetti, a studiare sul luogo la situazione toscana e a riferirgli in merito, uno di costoro, il Rapetti, ebbe ordine di recarsi innanzi tutto a interpellare, ad Acqui, il Montanelli. Resultato del loro incontro fu non solamente che il messo imperiale si dichiarò, e a voce e per iscritto, «persuaso della necessità di edificare su questa base» (cioè sulla base unitaria), ma che a Napoleone III egli rimise, del Montanelli un memorandum scritto al medesimo oggetto: memorandum che, al pari della relazione al Cavour, noi non conosciamo, ma che, ci si assicura, incontrò l'approvazione dell'imperatore(213). In un suo appunto autografo, ahimè frammentario, il Montanelli, del resto, precisa che i due principali argomenti da lui svolti in quel documento erano, da un verso, l'ormai dimostrata incompatibilità del dominio temporale del papa con l'idea nazionale e con i principî dello Stato moderno, dall'altro (citiamo le sue parole) «il consenso ampiamente diffuso che, al di sopra d'ogni altra differenza di pareri, collegava gli animi italiani nell'ossequio all'autorità unitaria del re Vittorio Emanuele»(214).
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