Il Cavour, mutata la rotta, aveva finito col rinunziare al suo progetto, tanto piú che, a suo giudizio, esso avrebbe reso necessaria una preventiva ricomposizione dei consigli municipali mercé nuove elezioni amministrative; lo ripigliava adesso il Montanelli, con questo di mutato: che egli si diceva convinto di poter raccogliere larghe adesioni ad un programma unitario anche dai consigli esistenti.
Discusso il suo piano con taluni suoi colleghi di corpo, e prima di tutti col Malenchini(224), il Montanelli lo sottopone al senatore Plezza, che nella sua qualità di commissario regio riveste in Alessandria la suprema autorità politica. Costui, che evidentemente divide le impressioni allora quasi universalmente diffuse a Torino circa le velleità autonomistiche del governo toscano, non solo approva incondizionatamente il progetto montanelliano, ma apertamente si associa alla sua attuazione. Sollecita l'approvazione del Cavour? Sembra di sí ma ad ogni modo il suo appoggio implica naturalmente quello del suo governo. Occorre mandare in Toscana una persona ben vista, pratica dell'ambiente, capace di tentare la conversione sul programma unitario di tutte le correnti «italiane», dagli uomini di governo fino all'estrema ala sinistra repubblicana. È il Montanelli che propone il nome d'un suo amico residente in Alessandria, Bartolomeo Aquarone, professore in quel liceo, noto giornalista e letterato, che ha lungamente soggiornato a Firenze. L'Aquarone accetta, vien fornito di mezzi pecuniari e di lasciapassare dal Plezza, di commendatizie, d'istruzioni e di abbozzi di proclami dal Montanelli(225), e parte immediatamente.
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