I documenti in nostro possesso ed altri che ci siamo procurati (e che a suo tempo pubblicheremo) non lasciano dubbi a questo proposito. Pian piano gli si farà davvero il vuoto d'intorno, un po' pel timore che molti proveranno di frequentare la compagnia di un oppositore sorvegliato, un po' anche perché le calunnie diffuse contro di lui(370) finiranno con l'alienargli effettivamente ogni simpatia. Montanelli sperimenterà come sia piú amaro l'esilio in patria che non lo stesso esilio materiale dal proprio paese! Non si giunse perfino a negargli la restituzione di quella cattedra pisana che aveva pur abbandonato, nel '48, dopo sette anni di celebrato insegnamento, per andare a combattere?(371). Non gli si vietò con ogni mezzo l'ingresso nel Parlamento nazionale radunato a Torino, rendendogli ancora piú amaro questo ostracismo col contrapporgli, nei singoli collegi un dopo l'altro tentati, concorrenti affatto ignoti ed oscuri?(372). I suoi scritti - e ve ne furono di bellissimi, profusi in giornali minori o in opuscoli, attestanti non solamente l'usata acutezza della sua mente e la profondità e l'estensione del suo sapere, ma anche il coscienziosissimo studio delle questioni prese in esame(373) - vennero sistematicamente ignorati o, peggio ancora, sommariamente stroncati. Caso tipico fra tutti, quello del suo volumetto L'Impero, il papato, e la democrazia in Italia, pubblicato nel novembre del '59, il quale non provocò nella stampa toscana che recensioni beffarde e sprezzanti: eppure v'era in quel suo scritto, che, fra innegabili divagazioni e genericità, ricercava e additava un possibile componimento dei troppi dati contraddittori del problema italiano, v'era in esso tanto nobile fervore, tanta altezza di concetti, tanta sottigliezza di argomentazioni, da fornire non pure la giustificazione ideale del suo contegno politico, ma bensí la conferma di come il Montanelli andasse annoverato fra le piú fini e originali e nutrite menti politiche dell'Italia d'allora.
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