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      E il governo italiano, a carico del quale i Nicotera e compagni sbraitavano perché, dopo aver dato prove non dubbie di incoraggiamento a Garibaldi, lo aveva trattato poi d'improvviso come un nemico, poteva, il 10 ottobre, valersi di Aspromonte per scrivere alle legazioni all'estero che se gli era riuscito di dominare il movimento insurrezionale, bisognava pur riconoscere che la parola d'ordine dei volontari era stata questa volta «l'espressione di un bisogno piú imperioso che mai». Quello stesso governo che prodigava segretamente armi e denari per suscitare ovunque la passione di Roma, poteva, ancora, valersi di Aspromonte per domandare in tono di seria preoccupazione se le potenze avrebbero mai compreso «quanto sia irresistibile il movimento che trascina la nazione verso Roma»(406).
      Risvegliare le masse, farne udire all'estero la poderosa voce - e insieme tener con mano ferma il timone e non farselo strappare di mano: ecco il punto difficile che la Destra seppe brillantemente superare. L'Italia voleva esser grande e pari in civiltà ai piú potenti paesi d'Europa: non spedizioni irregolari, dunque, e confusione di poteri e salti nel buio e dittature opposte alla solenne indiscussa e suprema autorità e volontà regia - tutte cose che s'eran viste nel '60, ma allora l'Italia non c'era, né c'era un esercito italiano né un re italiano; e del resto s'erano anche allora troncate e liquidate in fretta e furia, forse con ingratitudine, certo con somma virtú politica e scienza dei frutti amari che competono a un paese il quale vuole imporsi nel mondo civile e nel tempo stesso ignora o fa mostra d'ignorare che la compostezza, la dignità, l'ordine, il rispetto delle proprie leggi sono il presupposto della civiltà e la condizione dell'altrui rispetto.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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