Accade perciò che Sella, Ricasoli o Minghetti sian piú antichi, piú lontani da noi che non, per esempio, Caio Gracco e Giulio Cesare; e che, per citare un fatto curioso, essendosi or non è molto riesumato a fini di propaganda il Crispi, si siano i piú posti ad osservarlo con la stessa compiaciuta meraviglia con la quale in un papiro nuovamente rinvenuto avrebbero letto di un fin qui ignoto e fiabesco faraone. Mentre il mondo non è piú quello dei Gracchi ed è ancora, e sarà, chi sa per quanto tempo, quello dei Sella e dei Crispi.
Accade altresí che, avvezzandosi a sognare un ipotetico avvenire di grandezza, ispirato da un lato alla esaltazione di un remoto e mal conosciuto passato, dall'altro alla sprezzante ignoranza della storia d'ieri, molti perdano nonché il senso vivo di quel che accade nel presente, la nozione del dovere che a tutti incombe di contribuire alla elaborazione del comune domani.
IV.
Origini del movimento operaio in Italia
I.
L'atteggiamento dei clerico-reazionari
Un vero e proprio movimento di organizzazione operaia si determina in Italia soltanto dopo il 1860. La risoluzione del problema politico è un presupposto necessario all'impostazione del problema sociale. L'avvenuta unificazione dimostra chiaramente agli artigiani e agli operai, ossia alle piú intelligenti frazioni del proletariato, che la rivoluzione politica non ha mutato né si è preoccupata di mutare le loro condizioni economiche; si dimostrano fallaci, quindi, le promesse degli agitatori politici.
Col 1861, la organizzazione operaia si intensifica, le società di mutuo soccorso si moltiplicano e si diffondono; i tentativi di riunire i vari nuclei in uno solo, diventano fatti di una importanza non piú trascurabile.
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