Dove però sotto il nome di patria si consumano i piú neri eccessi, dove la libertà si vende e si traffica..., dove ogni giorno si assiste al miserando spettacolo di vedere il galantuomo nudo e il farabutto in carrozza, qual senso può avere mai questa parola sulle ingannate moltitudini?
Questo concetto della patria matrigna ai piú dei suoi figli, lo ritroveremo poi pari pari nel bagaglio di propaganda dei socialisti.
Si stuzzicano i poveri nel punto piú delicato: le tasse. L'avete voluto, il nuovo regime - dicono agli operai i clericali. E ora godetevene le inique tasse. Prima, sotto gli altri regimi, le tasse le pagavano solo gli abbienti. Ora si è piantata la massima «che tutti i singoli cittadini, avessero o no ricchezze, dovessero essere tributari dello Stato, qualunque fossero i suoi bisogni, qualunque fossero i vantaggi che i cittadini potessero aspettarsi da questi sacrifizi» («Il Conservatore», luglio 1863).
Ecco il destino del popolo credenzone e balordo, sotto i nuovi regimi. «Dopo aver fatto sgabello col suo corpo a chi agognava ricchezze e poteri, egli ha visto il miserabile sfuggito come un lebbroso, la povertà perseguitata e punita come un delitto» («La Vespa», 2 giugno 1864).
Ci troviamo di fronte ad una vera e propria propaganda di odio. Il popolo è dipinto come «l'asino che s'abbevera d'acqua, mentre si tronca la schiena per portare agli altri i barili del vino» (ivi, 17 giugno 1864).
Il nuovo regime vuole peggiorare sempre piú le condizioni del popolo, vuol vederlo soffrire.
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Stato Conservatore Vespa
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