La Comune fu generalmente e falsamente interpretata da noi come una insurrezione di carattere nettamente socialista. In realtà, di socialista, a Parigi, ci fu ben poco: ma gli Italiani, detrattori o apologisti che fossero, trascinati da opposte passioni, avvolsero immediatamente «la Comune» in un velo di leggenda. Se il «Monitore di Bologna» (moderato democratico), nel numero del 25 marzo 1871, scrive che si tratta addirittura «di abolire l'incomodo del tuo e del mio, si tratta di sostituire la forza al diritto, la barbarie alla civiltà», il «Gazzettino Rosa» (repubblicano garibaldino, prossimo ad abbracciare i principî dell'Internazionale) (Milano, 1° aprile 1871) inneggia alla rivoluzione del 18 marzo: «Salve, o aurora della libertà, io ti veggio già spuntare all'orizzonte nel color della fiamma». Se la «Nazione» (conservatore) (Firenze, 3 maggio 1871) trova che il «socialismo, il comunismo, tutti i delirî delle sette piú sfrenate minacciano la società», la «Civiltà Cattolica» (6 maggio 1871) ride di tanto sbigottimento, vantandosi: «Noi soli, che abbiam sempre detto: - O cattolici col papa o barbari col socialismo - abbiamo il diritto di giudicare o vituperare Parigi, senza mutare improvvisamente il nostro modo di pensare».
Garibaldi, generoso, impulsivo, irreflessivo, esalta i soli uomini che «in questo periodo di tirannide, di menzogna, di codardia e di degradazione hanno tenuto alto, avvolgendovisi morenti, il santo vessillo del diritto e della giustizia».
L'atteggiamento di Mazzini è assai complesso.
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