Mazzini era stato per interi decenni l'iniziatore o il sicuro alleato di tutte le battaglie per la libertà; amici e nemici lo consideravano ormai come il rivoluzionario per antonomasia, come il prototipo del ribelle; lo seguivano, quindi, anche tutti quei rivoluzionari per temperamento che un'assidua propaganda e la naturale inclinazione andavano spingendo al materialismo, all'ateismo, ossia - e non riuscivano ad accorgersene - agli antipodi del sistema mazziniano.
Quando Mazzini condannò la Comune di Parigi, molti fra i suoi seguaci, specialmente i piú giovani, rimasero profondamente delusi. Non era Mazzini repubblicano? Non era anch'egli nemico delle disuguaglianze sociali? Sorpresi dapprima, finirono coll'esserne indignati; almeno non pretendesse, Mazzini, di tenere ancora lui, fra le sue mani, lo stendardo della repubblica e della rigenerazione sociale!
È inutile che Mazzini ripeta che si devono condannare tanto i comunardi quanto i versagliesi: egli apparisce come l'alleato della reazione di tutta Europa. I fogli di estrema destra non si lasciano sfuggire la buona occasione per gabellare come loro alleato l'ex-irriducibile nemico. Il «Corriere di Milano» (26 giugno 1871) in un articolo intitolato Mazzini codino, afferma che l'esule è ormai molto meno lontano dai cosiddetti conservatori che dai suoi pretesi discepoli; la «Nazione» di Firenze, che ha ancora fresche di stampa le peggiori calunnie sul conto di Mazzini, ammette (10 luglio 1871) che egli ha detto in questa occasione «gravi e solenni verità», che egli ha cuore «di patriotta e di uomo onesto», che le sue invettive sono «eloquenti». La stampa conservatrice tutta, realizza un doppio vantaggio: dimostra che il ribelle ha messo giudizio, e ne ricava la conseguenza che la Sinistra, divisa, è prossima a sfasciarsi.
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