Alla fermezza di Mazzini oppongono da parte loro una fermezza corrispondente e crescente. Li urta, soprattutto, la pretesa del Maestro di non concedere patente di repubblicano a chi non accetta in blocco il suo sistema: non si può, secondo lui, essere atei e repubblicani. Protestano: - Siamo repubblicani convinti e lo mostreremo alla prova; siamo forse per questo obbligati a credere nei fantasmi? Dio, se mai esiste, sta nei cieli e non ha niente a che fare con il regime politico-sociale. Non si rallegrino, però, i nemici comuni; s'accorgeranno se non saremo di nuovo tutti d'accordo quando si tratterà di fare la rivoluzione. Ora che abbiamo calma e tempo, ne approfittiamo per discutere tra di noi.
Mazzini fa il processo all'Internazionale, che si preoccupa, egli dice, dei soli interessi materiali. Ma che cosa hanno guadagnato gli operai finché si sono attenuti alle moralissime teorie mazziniane? Un uomo che ha formulato il suo sistema da oltre trent'anni non può pretendere di tenervi aggiogate eternamente le nuove generazioni. È vecchio, si è cristallizzato; è incapace ormai di seguire il progresso. Lo nega, anzi, e con ciò distrugge la base stessa del suo sistema. Siamo atei e materialisti, e ce ne vantiamo; stufi di quella odiosa abitudine di trasportare sempre nelle piú alte sfere della morale, della giustizia, del dovere questioni d'interesse immediato, questioni di pane; abitudine che serve a ingarbugliare i problemi piú semplici, e a nasconderne la soluzione.
«Siamo patrioti?
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Mazzini Maestro Internazionale
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