Mazzini e Bakunin polemizzano clamorosamente, mentre un'improvvisata stampa socialista copre tutta l'Italia.
La rapida fortuna del socialismo è a tutte spese del mazzinianismo: lo prova il fatto, documentabile, che quasi tutti i capi del movimento socialista sono transfughi delle file repubblicane; è tutta gente venuta su con Mazzini e che, turbata per l'aspra condanna da Mazzini pronunciata contro la Comune repubblicana, se prima sospettava, ora sostiene apertamente che Mazzini, per incomprensione senile, tradisce il suo stesso programma, che non ne intenda piú i logici necessari sviluppi. Mazzini ribatte che repubblica non vuol dire comunismo; quei giovani (che tali sono pressoché tutti) concludono che ormai per Mazzini l'aspirazione repubblicana importa un semplice mutamento nella forma del governo: il resto, immutato.
È proprio nel 1871, dunque, che si determina l'incomprensione fra i due partiti; forse Mazzini avrebbe saputo in progresso di tempo eliminarla e, calmati gli spiriti, passata la raffica rivoluzionaria, trovare un punto d'accordo durevole; ma purtroppo morí nel '72, in piena battaglia, e quel che è ancora piú grave, senza poter lasciare il partito in mani vigorose. Poiché credo si possa andare tutti d'accordo nel negare ai Saffi, ai Campanella, ai Quadrio, ecc. (bravissime persone del resto sotto molti altri punti di vista) un acuto temperamento politico, una consapevole energia, la capacità insomma d'intender nello spirito e non, come troppo spesso accadde, di osservare bigottescamente l'insegnamento di Mazzini.
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