Bubbole.
Ma il mancato successo, con gli arresti e la sospensione della libertà d'associazione che ne seguirono, rinnovò i rancori: gl'internazionalisti non dimenticarono mai piú che i deputati repubblicani alla Camera - Ferrari eccettuato - nel gran chiasso d'interpellanze e discorsi, si limitarono a scagionare il loro partito dall'accusa di cospirazione, buttando a mare l'Internazionale; fra i repubblicani si fecero avanti - colla voce grossa e con gravi «l'avevamo detto noi» - gl'intransigenti antisocialisti, che ebbero, da allora in poi, almeno fino al 1880, larghissimo seguito.
Quali in Parlamento, quali fuori (i comizi popolari per agitar nel paese questioni di larga risonanza furono invenzione repubblicana rivelatasi efficacissima e a torto abbandonata), i repubblicani in questi anni furono attivissimi: si lottò per il suffragio universale, per la laicizzazione dello Stato, per l'obbligatorietà della scuola primaria, e via discorrendo. I mazziniani puri, alieni dal parlamentarismo, partecipavano sí a questa lotta, ma ribadendo periodicamente la pregiudiziale; non potendo altro, sfogavano il loro rivoluzionarismo impotente in dimostrazioni di piazza, coronate da discorsi sovversivi, con largo sfoggio di bandiere vietate. Era questo il loro modo di tener viva la scintilla, ma con tali sistemi si attirarono addosso il ridicolo, un ridicolo che li circondò poi sempre, aureola di maniera; se ne allontanavano gli uomini seri che ne avevano abbastanza di buffonate e di alfierianismi, gli scontenti e i rivoluzionari per davvero che, tanto, preferivano il positivo sovversivismo dei seguaci di Bakunin.
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