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      Un merito per altro va riconosciuto a questi mazziniani, e grandissimo: che portarono tutti nella lotta politica una onestà, una purità d'intenti e uno spirito di sacrificio personale, che si può senz'altro dichiarare senza esempio in Italia. In periodi di piú sozza corruzione politica, si poté e si può rivolgersi alla loro scuola con un senso di vero sollievo. Peccato che alle eccezionali doti di moralità i discepoli di Mazzini non unissero doti altrettanto eccezionali di vivacità e originalità intellettuale. Proverbiale ad esempio divenne la indeterminatezza del loro programma massimo: ripetevano instancabili le formule di Mazzini, ma chi avesse domandato loro particolari precisi sull'ordinamento e il funzionamento della repubblica futura, avrebbe dovuto contentarsi di frasi, di certe frasi per giunta che parevano uscir tutte da un identico conio, tanto si trasmettevano identiche e immutabili di bocca in bocca, di penna in penna, d'anno in anno. Questa indeterminatezza favorí naturalmente le diserzioni di destra e di sinistra; ché i mazziniani si trovavano fra due calamite: l'una, quella parlamentaristica (dell'inserirsi, cioè) attirava soprattutto gli anziani che, a seguitar nell'intransigenza, vedevan tramontare qualsiasi possibilità di carriera; l'altra, socialista rivoluzionaria, soprattutto i giovani, piú spregiudicati, meno tradizionalisti, piú bisognosi d'azione. Reazione e causa ad un tempo, di qui nacque e prosperò la famosa e deprecata ortodossia mazziniana (carattere sacro attribuito alle virgole nei testi del Maestro). Con una falla a prua e una a poppa, i Saffi, i Quadrio e loro satelliti si chiusero a chiave nel punto di mezzo della nave, tappandosi le orecchie per non sentirsi chiamare da una parte o dall'altra (Dio sa se ce ne volle, per esempio, perché ammettessero, con infiniti ma e se, la partecipazione del partito alle urne!


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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