) Sapevano per esperienza che, quando si stabilivano contatti fra repubblicani e socialisti o fra repubblicani e gente di governo, chi ci perdeva era sempre il loro partito: come matrimoni fra ebrei e cattolici, che i figli, novantanove su cento, vengono su cattolici. Ciò nonostante il mazzinianismo fu sempre roso - o ravvivato, secondo i punti di vista - da un dissidentismo di destra e uno di sinistra. Gli è che in certe regioni - prima l'Emilia - si nasceva allora, di regola, repubblicani; si facevano le prime armi in quel partito e poi, da entro il medesimo, si mostravano le vere tendenze individuali. Chi, fra il '70 e il Novecento, non esordí alla vita politica con una milizia piú o meno breve tra le file repubblicane? (a guardarlo in prospettiva, il movimento repubblicano di quegli anni assomiglia un poco a quelle stazioni ferroviarie di smistamento nelle quali gli innumerevoli viaggiatori si trattengono quel tanto che basta per prendere il treno; e vi sono treni per tutte le direzioni).
Se sul terreno dell'azione internazionalisti e mazziniani avevano considerato tuttavia di quando in quando la possibilità d'accordi, sul terreno teorico il disaccordo era completo e inesauribile; piú ancora su quello sindacale. I mazziniani circondavano d'ogni cura le associazioni operaie aderenti al Patto di fratellanza mantenendole sul terreno della cooperazione e della mutualità; gl'internazionalisti facevano la concorrenza, incoraggiando ovunque lo sciopero.
A leggere oggi i resoconti dei vari congressi che il Patto radunò dal 1872 in poi, non si può a meno di ammirarne la saggezza, la moderazione; qualche volta, la praticità. Senza dubbio vi si tennero a balia gran parte di quegli istituti la cui propaganda e imposizione rappresenta l'immensa benemerenza del movimento socialista, e di quello solo.
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