Non mancarono anche, tra i repubblicani e quelli del Partito operaio, provvisori accordi. Ma la nuova tendenza sindacale che questi ultimi rappresentavano, modificatasi sotto l'influsso dei socialisti intellettuali imbevuti di Marx, i quali, attraverso il partito operaio operarono la loro conversione tattica verso il proletariato militante, era destinata a portare un fierissimo colpo al movimento repubblicano, conducendo a morte il vecchio Patto di fratellanza che ne costituiva la base granitica; condannandolo cioè, per molti anni, a essere un partito essenzialmente se non unicamente politico, disinteressato o ridotto a vivere in margine alla rigogliosa attività sociale che da allora in poi caratterizzò la vita italiana. Di fronte al rigoglio d'idee nuove, di metodi nuovi, di forze nuove, il vecchio Patto, capitanato dagli stessi uomini del 1871, ma inquinato da elementi sospetti vagheggianti un accordo tra il mazzinianismo e il collettivismo socialista, non seppe resistere; posto di fronte alla necessità di adeguarsi alle mutate esigenze dell'ambiente operaio, non fu elastico, non fu politico; si contrasse, s'irrigidí e fu travolto. Che i mazziniani vedessero con orrore il collettivismo acquistar diritto di cittadinanza nel Patto creato da Mazzini, è comprensibile; ma non è piú comprensibile ancora che i giovani, gli uomini nuovi provassero un irresistibile desiderio di sbarazzarsi di certi Catoni oltrepassati che - come il Minuti, ad esempio - erano ancora nel '90 o giú di lí contrari all'agitazione per le otto ore?
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