Pensavo tutto questo, leggendo il primo volume della Vita di Mussolini, di fresco pubblicata, pei tipi Mondadori, da Ivon de Begnac. Son 355 pagine fitte, le quali arrivano al 1902 e nelle quali si parla soprattutto del padre di Mussolini, Alessandro (molto anche della Romagna in genere). Alessandro Mussolini, nato nel 1854, fece, si sa, di professione il fabbro, e fu nella sua Predappio (e, per maggior esattezza, nella frazione di Dovia) uno dei primi e piú attivi operai socialisti: autodidatta, amico devoto e ammiratore del Costa, e del Cipriani - non forse chiamò il suo primogenito, oltreché Benito, in memoria del Juarez, anche Andrea e Amilcare in omaggio ai due idoli della sua giovinezza? -, partecipe, nel '74, a quella «marcia su Bologna», che alcuni anni or sono ha fornito la trama a un buon romanzo italiano; fieramente anticlericale, garibaldino a oltranza come tutti i primi internazionalisti; patriota e nel tempo stesso antimilitarista; propagandista indefesso delle sue dottrine, e perciò carcerato due volte (nel 1878 e nel 1902) e per quattr'anni ammonito (dal 1878 al 1882); attentissimo ai problemi della organizzazione economica: fondatore e capo, nonché di una società dei bevitori, arguto travestimento di un gruppo sovversivo, di una cooperativa di braccianti, e per ciò assuntore di lavori pubblici, e finalmente e per parecchi anni fra gli amministratori del suo comune. Il De Begnac, che è uno scrittore, sa presentarcelo vivo e naturale, il suo personaggio, e con lui la sua Predappio con le sue lotte intestine, con la sua miseria, con le sue insoddisfatte aspirazioni di accrescimento e di potenziamento, nella cornice di quella Romagna eternamente appassionata e violenta, civilissima e sovversiva.
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