Rodolico, p. 157) secondo la quale tale linguaggio sarebbe stato tenuto dal Gifflenga, che Carlo Alberto aveva designato ad accompagnarlo nel viaggio; è confermata però dal ministro d'Austria, Binder (dispaccio 12 marzo 1821 pubblicato dal Rinieri, La rivoluzione in Piemonte. Le società segrete, ecc., nella cit. silloge La rivoluzione piemontese. Studi e documenti, I, pp. 622-23) e dal biografo del conte Revel (Introduction à la guerre des Alpes, ecc., p. XLIV). Nello stesso dispaccio dell'11 marzo il Percy dava circostanziata notizia della convocazione fatta dal re quel giorno stesso degli ufficiali comandanti i corpi armati di stanza a Torino per interpellarli circa l'assegnamento che poteva farsi sulle rispettive truppe. Orbene, questo episodio è stato fin qui generalmente attribuito al giorno seguente, 12 marzo. La testimonianza del Percy, il cui dispaccio - ripetiamo - è datato 11 marzo, sembrerebbe inoppugnabile, a meno che non si pensi (cosa niente affatto inverosimile) che, giacché non tutti i giorni si presentava l'occasione di far partire dispacci, egli figurasse soltanto di scriverli (in quelle gravi circostanze) quotidianamente; e che in realtà li scrivesse tutti insieme, salvo ad apporre a ciascuno di essi date diverse. Quanto alle dichiarazioni fatte dagli ufficiali convenuti, il resoconto Percy collima con la versione tradizionale, secondo la quale il colonnello del reggimento Aosta e il principe di Carignano avrebbero risposto che sulle loro truppe, pronte a difendere il re, non era da fare assegnamento quanto a un'azione contro i rivoltosi (Carlo Alberto, è noto, scrisse nel suo primo Memoriale in modo alquanto diverso; ma di ciò piú oltre). Senonché il Percy aggiunge che, uditi quegli scoraggianti rapporti, «il re scoppiò in lacrime». E ancora: nel dispaccio 12 marzo il Percy, vagliando le voci che corrono nella capitale circa il contegno tenuto da Carlo Alberto alla Cittadella (chi diceva dentro di essa e chi dinanzi ad essa), esclude che egli possa essersi unito ai rivoltosi nel grido di «W la Costituzione», e ciò «quali che siano gl'intimi sentimenti del principe».
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