..» (Jacini, Sulle condizioni della cosa pubblica, p. 16).
(438) Jacini, Sulle condizioni della cosa pubblica in Italia, spiega che non ha accettato l'elezione a deputato di Terni perché ha voluto studiare un po' dalla platea l'effetto di quel che si è fatto e si fa sul palcoscenico, insomma «mescolarsi a lungo, spogliandosi d'ogni idea preconcetta, colla folla»; «verificare quali siano, riguardo alle cose del governo, i giudizi di essa», conoscere «i gusti della massa». Se un uomo di governo non si prende ogni tanto questa briga «anche il suo giudizio sulla cosa pubblica deve riuscire necessariamente unilaterale e fallace...» (pp. 12-13). E ancora: «Eccellenti le masse, come fu solennemente dimostrato dalla facilità con cui si poté introdurre la coscrizione militare in molte province dove prima era sconosciuta e dalla pochissima resistenza, relativamente parlando, alla tassa impopolare del macinato...» (p. 15).
(439) Jacini, Pensieri sulla politica italiana, pp. 23 sg., un po' sviato dall'intento di dimostrare certe magagne del sistema politico italiano dopo il '66, dipinge a colori troppo rosei i dati realistici con i quali esso dové fare i conti. E per esempio, allude a «un paese docilissimo e che non chiedeva altro se non di essere assecondato nel suo desiderio di un migliore avvenire da conseguirsi senza troppo violentarlo...» (1867). «Partout des émeutes; là, à cause du choléra, ici pour des motifs religieux, ailleurs pour protester contre la conscription, contre la cherté du blé» (Rattazzi et son temps, II, p. 169).
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