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      Questo, in succo, il pensiero costante di Marx, proclamato nel Manifesto dei Comunisti (1847), riaffermato con frasi lapidarie nella prefazione alla Critica dell’economia politica (1859), svolto e illustrato nel Capitale (1867), riconfermato sino alla morte. Pensiero nettamente deterministico, rispetto al quale gli sforzi interpretativi di un Sorel, di un Labriola, di un Mondolfo per avvalorare una interpretazione che faccia posto ad una autonoma funzione degli uomini nella storia, sono sempre naufragati. Il sistema marxistico è determinista, o non è. Non è, intendo, come sistema organico di pensiero. Ogni qualvolta Marx ha voluto di proposito riassumere i suoi intendimenti e la portata delle sue tesi, lo ha fatto con parole che non lasciano adito a dubbi. Tralascio il famoso brano del 1859 nella prefazione alla Critica dell’economia politica che anche i piú modesti cultori di studi marxistici hanno presente per ricordare che Marx, nella prefazione al Capitale, avverte che la società moderna non può saltare e sopprimere con decreti niuna delle fasi del suo sviluppo naturale; può solo accorciare il periodo della gestazione e del parto. A queste fasi presiedono leggi naturali e tendenze che si adempiono con ferrea necessità. Sul carattere necessario, addirittura fatale, della evoluzione delle forze produttive e di tutto il processo storico, Marx ritorna meditatamente con lo squarcio famoso contenuto nell’ultimo capitolo del I volume del Capitale che termina con la frase «... la produzione capitalistica genera essa stessa la propria negazione con la fatalità che presiede alle metamorfosi della natura». Proprio in questa pagina conclusiva Marx sente il bisogno di richiamare, a prova della sua perfetta coerenza, le pagine parallele del Manifesto, fornendone cosí, a venti anni di distanza, una interpretazione decisiva.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184

   





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