Ammesso infatti per un istante che le posizioni ideologiche siano il riflesso dello stato di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di classe, ne viene che dopo le profonde trasformazioni economiche avveratesi dal tempo di Marx ai giorni nostri, anche la sua dottrina sul moto proletario reclama una sostanziale revisione. A meno di ritenere che il relativismo marxista a tutto s’applichi – economia, diritto, arte, politica e morale – dottrina marxista esclusa...
Nella storia del marxismo si possono distinguere tre fasi: la fase religiosa, la fase critica e la fase attuale di netto superamento. Nella prima che si può arrestare intorno al 1900, il sistema marxista, nella sua interezza, ricevette la quasi unanime ed entusiastica adesione della élite socialista continentale. Per i Bebel, i Kautsky, i Liebknecht, i Guesde, i Lafargue, i Plekhanoff, ecc., il rapporto tra socialismo e marxismo si fece presto di identità completa. Il marxismo appariva loro come un tutto monolitico, come una visione nuova del mondo e della vita, come la filosofia specifica del moto socialista. Non si faceva allora questione di interpretazione, ma di applicazione. Il movimento, ancora alle prime armi e nel periodo della predicazione messianica, si distingueva per una intransigente orgogliosa professione di fede intesa a segnarne il distacco e la superiorità su tutte le altre scuole sociali e socialiste. Nonostante il suo prepotente realismo, la nuova dottrina esercitava una suggestione quasi religiosa.
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