Difficile resistergli e addirittura impossibile per uno spirito semplice che acquisti per la prima volta la nozione dello stato di soggezione in cui versa. Nessun volontarista, nessun uomo d’azione, mai, seppe suscitare piú ribellioni e fanatiche dedizioni di questo iroso topo di biblioteca con le sue venti pagine famose. Egli vi imprigiona con la sua dialettica seducente e, quando vi ha tra le sue mani, vi percuote il cervello con sentenze degne del Dio della vendetta. Il Manifesto, che fu poi il solo mediatore tra lui e le folle, possiede in grado eminente tutti i caratteri della rivelazione. Premesse apodittiche, concatenazione logica formidabile e trascinante, sincerità brutale e fremente, fede travestita in scienza e scienza trasformata in macchina polemica, visione ciclopica della vita e del ritmo sociale. Nel Manifesto Marx parla il linguaggio della Nemesi. Nulla è piú drammatico di quella sua volutamente fredda analisi del sistema capitalistico di sfruttamento che termina con la visione della catastrofe inevitabile dalla quale solo potrà sortire la società nuova, di liberi e di eguali, la società socialista. Un sogno romantico in nome della ragione! La giustizia alleata con la scienza, anzi la scienza che è di per sé giustizia! Quale potere di attrazione! Come resistergli, perché resistergli?
D’altronde bisogna riconoscere che i canoni marxistici di propaganda e di tattica mirabilmente rispondevano al compito immediato delle prime avanguardie socialiste, che era poi quello di svegliare il grande dormiente – il proletariato – per dargli una prima rudimentale coscienza di sé, della sua forza, del suo diritto a non vivere servo e affamato.
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