Al posto dei piccoli clan rivoluzionari, vegetanti nell’ombra in attesa della crisi finale, sono subentrate le possenti organizzazioni sindacali muoventesi alla luce del sole, dirette da uomini dal cervello quadro e dalle capacità realizzatrici, che hanno dato il colpo di grazia alle figure romantiche del cospiratore e del rivoluzionario; uomini che, provenendo dalle stesse fila operaie, si rifiutano ad ogni astratta contemplazione del moto sociale, ad ogni eccessiva idealizzazione delle virtú proletarie. Avvocati delle masse, espressione dei valori, delle speranze, dei bisogni medi, e non alfieri di piccoli gruppi d’eccezione, si battono per fini concreti e immediati, come l’aumento salariale, la diminuzione della giornata lavorativa, l’allargamento del suffragio, la democratizzazione del regime di fabbrica; e cosí facendo vanno talvolta anche troppo oltre nel loro pragmatismo. Dal partito politico non attendono piú il comando per l’insurrezione, ma pretendono invece la organica azione in Parlamento e nei corpi pubblici per la difesa di una atmosfera di piena libertà e il conseguimento di una legislazione protettrice del lavoro. La progressiva consapevolezza dei limiti dell’azione sindacale, il contatto con la realtà economica, l’abito del contraddittorio e della responsabilità, la stessa imponenza dei risultati via via conseguiti, che creano una inattesa anche se parziale solidarietà col mondo circostante, tutto coopera cosí a spegnere nel movimento operaio le facili illusioni sulla possibilità e soprattutto sulla convenienza di un rivolgimento improvviso e violento.
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Parlamento
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