Tra Bernstein, Sorel, Jaurès, Croce, Labriola, Mondolfo – per limitarsi ai piú noti – il rapporto è piú d’ordine psicologico e polemico, che positivo: l’esigenza che li spingeva era comune, ma le conclusioni cui pervennero intorno all’essenza e al significato dell’insegnamento marxista spesso divergevano e financo si contraddicevano. Ciascuno di questi scrittori avanzò una propria personale interpretazione, non di rado dando vita a una «tendenza» e a una «scuola», come il Bernstein in Germania e il Sorel in Francia e in Italia. Pure, nonostante la tanta discordanza di voci, un quid comune li lega e ci permette di parlarne come di un movimento unitario. Tutto il revisionismo, sia di destra che di sinistra, può infatti riassumersi nello sforzo di far posto, nel sistema marxista, alla volontà e all’ottimismo del moto operaio. Anche i rivoluzionari sono dominati dallo stesso motivo: romperla col concetto di necessità storica, cosí severamente affermato da Marx, o ridurlo ad una formula cosí elastica da piegarlo alle esigenze di un volontarismo blanquista. Lo stesso leninismo, pure tanto rispettoso per la lettera marxista, non ha fatto che sviluppare in modo autonomo e originale tutti gli aspetti volontaristici del sistema, vale a dire la dottrina relativa ai periodi di transizione e alla funzione della dittatura e del terrore.
Non sempre i revisionisti furono consapevoli della portata delle loro critiche. Bisogna anzi riconoscere che agli inizi i loro propositi erano stati piú che modesti.
| |
Bernstein Sorel Jaurès Croce Labriola Mondolfo Bernstein Germania Sorel Francia Italia Marx
|