Egli ha reso un alto omaggio al marxismo che venne in quegli anni a riempire il vuoto che vaneggiava nel pensiero e negli ideali italiani, contribuendo possentemente alla rinascita morale e culturale del paese. A quarant’anni di distanza, evoluto verso un conservatorismo illuminato, egli non esita a confessare che pur non accettando oggi il marxismo, è lieto di esserci passato attraverso e che, se non vi fosse passato, avvertirebbe come una lacuna nella mente. Si comprende quindi agevolmente come tutta la nuova generazione si convertisse d’emblée al marxismo. Ma mentre in lui l’esperienza marxista ebbe soprattutto un valore critico e si risolse in una lezione di realismo storico, per gli altri, militanti entusiasti, assurse al rango di filosofia ultima, definitiva, al servizio di un programma di partito. Il bandolo dell’umana matassa sembrava ritrovato una volta per sempre, ogni dubbio eliminato. Non si trattava ormai che di passare alla pratica applicazione, di lavorare in una direzione ben nota. Grado a grado anche i migliori si abituarono a ragionare sempre con la mediazione marxista e persero ogni vera autonomia e originalità di pensiero.
Coll’inserirvi preoccupazioni e metodi che vi repugnavano si perse gradualmente anche l’intimo contatto con la realtà del paese; e si ruppe bruscamente quella sia pur scarna tradizione socialista paesana che aveva avuto nel Mazzini e nel Cattaneo i suoi principali esponenti.
Nella furia dell’ora e delle persecuzioni i giovani, sopraffatti dalle necessità dell’apostolato, che fu davvero mirabile in quegli anni, non ebbero modo di approfondire i nuovi valori.
| |
Mazzini Cattaneo
|