Dal 1910 ai giorni nostri un solo nome di vero rilievo si incontra nel campo della esegesi marxista: Rodolfo Mondolfo, tempra serena e conciliativa di studioso, cui è doveroso dedicare qualche pagina meno frettolosa per due motivi egualmente importanti: che egli riassume in sé tutti i motivi della critica anteriore e che la sua esegesi costituisce tuttora lo strumento massimo, per non dire unico, della educazione marxista delle nuove generazioni italiane.
Anche il Mondolfo non si è saputo sottrarre al difetto tipico di tutti gli scrittori revisionisti: di confezionare un Marx di maniera, estremamente riveduto e corretto, di far rientrare di contrabbando nel suo pensiero – mercé dialettiche acrobazie e sfoggio di erudizione – le proprie idee e le nuove esigenze, rinunciando a priori ad ogni sviluppo originale; di rivedere quel pensiero alla luce unilaterale della posizione giovanile del suo autore, rigettando tacitamente tra le «scorie» quanto non quadra nel nuovo schema interpretativo, ancorché Marx, a quelle «scorie», mostrasse di annettere fondamentale importanza.
Al pari di tutti i revisionisti, Mondolfo risolve il marxismo nella teoria materialistica della storia, e questa nel concetto centrale di rovesciamento della prassi. Teoria del valore, catastrofismo, sono gettati ad bestias. Lo scopo di Mondolfo è quello di estrarre dal marxismo una filosofia del socialismo che si concili pienamente con una visione attivistica del processo storico, senza cadere negli eccessi del volontarismo estremo.
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