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      La gioventú – intendo la intelligencija – corse tutte le esperienze, fuor che quella socialista che, nella serra calda giolittiana, appariva intellettualmente conclusa e priva di vera passione. La gioventú fu volta a volta crociana, vociana (dal giornale «La Voce»), liberale, futurista, nazionalista, cristiana, ma non fu piú socialista. Il socialismo non interessava piú.
      Quando ne chiesi la spiegazione ad uno dei rappresentanti piú cospicui del movimento socialista del tempo, n’ebbi una risposta ultradeterministica che dimostra la incapacità di molta gente a rendersi ragione delle cause prime e piú profonde della sconfitta subita. I giovani intellettuali – cosí mi rispose – quasi sempre di provenienza borghese (al pari, del resto, del mio interlocutore) disertarono le nostre fila, per essere il socialismo passato dalla fase ingenua, romantica, entusiasta, ma inefficiente, alla fase molto prosaica ma positiva e realizzatrice della lotta per i salari incidente i portafogli dei loro papà. Non diversamente si pronuncia il Longobardi, anche se con maggiore complessità di analisi, nel suo volume sulla Conferma del marxismo.
      Ora questo giudizio è assurdo: può essere un motivo di ripicco, non la conclusione di una serena valutazione del problema. Non ha senso immaginare che solo tra il ’90 e il ’900 siano esistiti giovani entusiasti, capaci di sacrificare a una idealità il loro personale interesse, la loro carriera. Il Risorgimento vide profondi sommovimenti e folla di sacrifici tra i giovani, e non fu davvero presieduto da una visione meschina dell’interesse della borghesia all’unificazione.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184

   





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