Probabilmente tutte queste cose assieme. Il fatto è, insomma, che coloro che dovrebbero esercitare funzione dirigente, coloro cui spetta il compito di pensare per gli altri infiniti troppo assorbiti dal problema dell’esistenza, han finito per ridursi prigionieri dell’ingenuo feticismo delle masse, da essi stessi creato, e che, con non molta fatica, si potrebbe distruggere. Basterebbe volere. E pazienza ancora [se] ciò seguisse in modo particolare là dove il moto socialista è in progressivo ordinato sviluppo, sulla via di conquistare o rassodare posizioni di comando: ché là è piú scusabile il desiderio di evitare discussioni troppo accese nell’ora delicata del trapasso dalla critica negativa all’azione positiva. Ma il grave si è che ciò si avvera soprattutto in Italia dove il moto socialista è stato letteralmente spazzato, e dove domani si dovrà ricominciare ab ovo, con animo nuovo adeguato alla grande esperienza vissuta e alla generazione mutata.
Bisogna ribellarsi a questo fatale andare – che non è un «andare», ma un retrocedere o un agonizzare –; e combattere ogni forma di ipocrisia intellettuale, di debolezza senile, ogni fuga per la linea di minor resistenza, e di massima diseducazione. Ai giovani, di anni o di spirito, corre l’obbligo di imporre una decisa chiarificazione ideologica che abbatta finalmente tutti i rami secchi che impacciano assurdamente il cammino, che ci liberi di tutto il vecchio pesante bagaglio catechistico che tanto concorse alla nostra sconfitta. Saremo dapprima in pochi, e molto ci sarà da lottare.
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