Ma la lotta è vitale ed assurge addirittura ad obbligo di coscienza per chi creda di avere identificato nello spirito di compromesso e nella pavidità dei teorici e dei capi una delle ragioni massime della crisi che il socialismo attraversa.>
La conclusione logica cui conduce il revisionismo è la rottura tra socialismo e marxismo. Il revisionismo ha difatti confutato o tacitamente abbandonato tutte le tesi marxiste che piú strettamente si collegavano alla posizione socialista; mentre ha valorizzato le tesi piú propriamente filosofiche o sociologiche (materialismo storico, lotta delle classi) che, per il valore sempre piú universale e obbiettivo che vanno assumendo, non possono essere monopolio di nessuna parte politica. Dalla interpretazione che del marxismo dànno i revisionisti, discendono logicamente queste conseguenze: 1) che si può essere marxisti senza essere socialisti; 2) che si illudono quei socialisti che ancora credono di ritrovare nel marxismo il principio informatore, la guida, del concreto movimento socialista.
La dimostrazione di queste tesi apparentemente paradossali non è difficile. Vedemmo già come la vera originalità della posizione marxista rispetto alle altre posizioni socialiste non stesse né in una diversa prospettazione del fine né in una sostanziale divergenza di metodi, ma nel concetto della necessità storica dell’avvento socialista per effetto della legge intima di sviluppo della società capitalista. Mentre il socialista premarxista denuncia le ingiustizie sociali e postula la società socialista in nome di un principio astratto e assoluto di giustizia, Marx, storicista, si sforza di dimostrare che questa soluzione socialista vive già in potenza nella società attuale e costituisce la necessaria sintesi superatrice della contraddizione che mina alle basi il sistema capitalistico di produzione.
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Marx
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