Il partito comunista in Russia ha sete di materialismo storico; gli scientifici partiti socialisti marxisti europei hanno sete di volontarismo. Di un volontarismo non parolaio, beninteso, che sia nutrito da una fede virile nella capacità costruttrice e sostanzialmente rinnovatrice della volontà.
Le esperienze del socialismo italiano costituiscono ahimè la piú lampante conferma di quanto sopra. I filosofi del materialismo storico lamentano la insufficiente preparazione teoretica e filosofica e la scarsa consequenziarità dei socialisti italiani; e credono di ritrovare in ciò una delle cause della sconfitta. Io oserei lamentare il contrario. Troppa preoccupazione teoretica o pseudoteoretica, troppa cura di mettersi in regola coi «canoni» marxistici, troppa paura di mostrarsi empirici, risoluti e pragmatisti. Insopportabile alle volte, soprattutto nei periodi in cui s’imporrebbe l’azione e la rapida decisione, insopportabile quella falsa preoccupazione storicistica che ci viene da Marx e, ancor piú che da lui, da tutta la coorte marxista. Si teme sempre di essere antistorici, di uscire dalla grande rotta segnata sulle carte marxiste, di non aderire perfettamente alla fisionomia storica del proprio tempo. Storici quando si tratta di far della cronaca, cronisti quando si tratta di far della storia. Di qui analisi, studi, discussioni, lambiccamenti, per fissare con esattezza chimerica e scolastica lo «stato civile» del proprio tempo, diagnosi e prognosi dei fenomeni cui si assiste. Mentalità professorale, che non ha nulla a che fare con quella degli uomini d’azione che si propongono di attivamente collaborare al processo storico.
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