E, come tale, deve far fronte alla psicologia, ai bisogni, e alle deficienze proletarie. Che importa a me, dopo tutto, che le quattordici glosse al Feuerbach o la Critica alla filosofia del diritto di Hegel siano l’antitesi della posizione meramente materialistica e fatalistica e schiudano l’orizzonte del filosofo ai piú aurei campi della speculazione? Che importa? Le masse leggono e intendono il Manifesto, non le glosse. E il Manifesto si spiega da sé, senza tanti commenti. E chi infine cercasse di presentare il Manifesto attraverso la mediazione delle glosse, compirebbe opera vana. Marx depennato del catastrofismo, del determinismo, del profetismo, non è piú mezzo di propaganda, ma oggetto di studio. Il Manifesto seduce cento volte di piú le masse di tutti i libri esegetici ed equilibristici dei marxisti revisionisti, in cui a forza di dialettica delle cose, di praxis capovolgentesi, di naturalismo antropologico – concezioni intravasabili, impropagandabili, generiche, incerte – il bel mito a portata di mano si dissipa come neve d’agosto...
Insomma il marxismo non è piú ai giorni nostri una forza benefica. Fu un tempo l’unica leva efficiente per sottrarre la povera gente al suo passivismo e incanalarla in un civile organico moto di liberazione. Ma oggi la sua influenza si è fatta deviatrice e diseducatrice. Deviatrice, perché aggancia le fantasie e i cervelli ad una realtà di fatto superata; diseducatrice, perché fa appello ad una concezione volgare della vita, a moventi d’ordine inferiore – tipici di masse cui sia ancora preclusa ogni luce spirituale – in antitesi assoluta a quelli che una società socialista presuppone.
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