Evocato il demone utilitario, non riesce a scacciarlo: piú se ne vale e piú schiavo si fa. Il demone corrompe i proletari, annulla gli sforzi liberatori, imborghesisce – nel senso peggiore della parola – il movimento imprigionandolo progressivamente nelle posizioni avversarie.
Henry De Man, nel suo celebre libro Au delà du marxisme ha dato di questa nemesi un quadro che non potrebbe essere piú suggestivo e potente.
In verità si potrebbe applicare alla ideologia marxista il suo principio della praxis che si rovescia. Anche essa ideologia, un tempo elemento di propulsione, si è andata trasformando in ostacolo e in freno.
La filosofia marxista – proclama De Man – non è che il risultato dello stato sociale proletario, l’indice della sua inferiorità e della sua soggezione allo spirito del capitalismo. L’etica marxista <– in realtà inesistente, ché di etica ve n’è una sola, senza aggettivi: l’etica di Socrate, di Cristo e di Kant –> non è che l’etica liberale (utilitaristica) fondata sull’homo oeconomicus. La religione mascherata del cinismo e del materialismo proletario non è che un capitalismo di segno contrario. I marxisti non hanno mai capito che il rafforzamento del movente economico, cui conduce fatalmente la loro dottrina, se dapprima ha risposto pienamente al suo ufficio, oggi impedisce la costruzione di una civiltà nuova e porta il movimento alla corruzione. In troppi casi la élite operaia socialista, sotto l’influsso del materialismo marxista, anziché esser l’annunciatrice di una civiltà nuova, di nuovi valori culturali, corre il rischio di trasformarsi in una nuova borghesia in potenza, assai in ritardo, quanto a gusti intellettuali, al grosso dell’esercito borghese.
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