Non voglio dire che a questo risultato ci abbia condotti solo e solamente l’ideologia marxista. Prima dell’ideologia sta la bestia uomo, proletaria o borghese che sia, col suo bagaglio triste di debolezze e di miserie. Ma certo la dottrina marxista, via via che il moto socialista passava dalla fase ingenua, utopistica, negativa a quella positiva e realizzatrice, anziché aiutare il proletariato ad innalzarsi spiritualmente e a sprigionare dei valori originali e puri, lo ha rattenuto, impedito, fornendo al suo istintivo grossolano materialismo, un alibi razionale di straordinaria suggestione.
Conclusione di questo discorso? È semplice. Il socialismo deve correggere, pena la paralisi, la sua piattaforma nazionale, materiale, determinista, economicistica. Deve tornare alle origini e ridiscendere nel cuore delle masse e abbeverarsi di nuovo a quella che è la linfa vitale del movimento. Gradualista o rivoluzionario che sia – ha bisogno di una integrazione etica, di una impostazione volontaristica. Ha parlato sinora quasi esclusivamente di interessi, di diritti, di benessere materiale. Deve ora parlare piú spesso di idealità, di doveri, di sacrifici. Si è troppo divinizzato il proletariato, facendone il rappresentante di tutte le piú pure virtú; e troppo semplicisticamente si sono fatte risalire tutte le sue deficienze e miserie alla malvagia organizzazione sociale. L’uomo allo «stato di natura» di Rousseau è diventato, nel secolo XIX, il «popolo» di Mazzini e il «proletariato» di Marx.
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