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      [Ma – si dirà – tutto ciò non è socialismo. Il socialismo vuole l’abolizione delle classi e l’uguaglianza economica. Qui invece, per superare il marxismo, si scivola nel vago, si riesumano delle posizioni estrose, non si fissa che una sola cosa: delle tendenze.
      Non abbiamo nessuna difficoltà ad ammettere che la posizione sopra illustrata non permette piú la fede ingenua come quella nelle invariabili repubbliche o città del sole. L’adepto di questo finalismo categorico e utopistico non può che escludersi dal seno del socialismo. Ma si scomunicherebbe soltanto qualche infelice non conformista, o non piuttosto tutto il socialismo? Perché questa è la domanda che si pone. Se invece di affidarci a una definizione astratta del socialismo, ci sforziamo di giungervi per induzione sulla scorta di un secolo di esperienze, a quale definizione arriveremo? Se invece del socialismo analizziamo i partiti socialisti concreti, le organizzazioni concrete, le esigenze e gli stimoli effettivi delle masse, la mentalità dei capi politici e sindacalisti, siamo ben sicuri di poterci riallacciare alla definizione classica del socialismo? A mio avviso la domanda porta in sé la risposta. Il semplicismo utopistico dei partiti è proporzionale al livello di educazione delle masse. Le masse non potevano destarsi che in virtú di una propaganda estremamente elementare. Ma, attualmente, una gran parte delle masse, almeno in Germania, in Francia e in Inghilterra, si trova in condizioni di potere aderire a una concezione meno primitiva della lotta politica.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184

   





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