In questa reazione al marxismo tutto sta, come è evidente, a non oltrepassare il giusto segno; a non cadere a nostra volta nelle esagerazioni etiche degli utopisti e dei socialisti cristiani – spesso inconsapevoli alleati dei ceti reazionari – che annullarono ogni differenza tra fine e mezzo col ridurre tutta la questione sociale ad un problema morale. Occorre trovare il giusto mezzo, la fusione tra i due punti di vista, l’equilibrio armonico tra fine e mezzo. Accettiamo la realistica critica marxista della società capitalista, con le riserve che le sopravvenute trasformazioni ci impongono; ma non dividiamo il suo finalismo e affermiamo la necessità di una integrazione morale che corregga le degenerazioni cui conduce un attaccamento troppo assoluto al canone della lotta di classe.
Se in sede politica – o tecnica – il problema della distinzione tra mezzo e fine è essenziale, e anzi il successo di ogni movimento dipende dalla esatta scelta dei mezzi, in sede morale la distinzione non ha ragione di essere posta, dappoiché il mezzo si confonde col fine. Il mezzo non solo deve essere conveniente al fine (problema tecnico), ma esserne penetrato. Questo principio, che è l’abc dell’idealismo, fu svolto con somma maestria dal Lassalle e, oggi, dal De Man. Esso porta di conseguenza a riconoscere che il principio della lotta di classe – nel quale, secondo molti socialisti moderni, starebbe tutto il moto socialista – non è di per sé sufficiente a dare una intuizione del fine; specie quando predicato in forma troppo assoluta.
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Lassalle De Man
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