Essa vive già in potenza nella critica revisionista e si attua progressivamente nel moto operaio. Il problema consiste piuttosto nel rendere esplicito ciò che è implicito, di liberarsi di troppi residui che ancora gravano sulla ideologia, di avere il coraggio di chiamare le cose col loro vero nome. Neomarxismo revisionista e prassi operaia sono la faccia teorica e la faccia pratica di una nuova concezione socialista liberale in cui i problemi di giustizia sociale e di vita associata possono e debbono porsi sullo stesso piano di quelli di libertà e di vita individuale. Il socialismo deve tendere a farsi liberale e il liberalismo a sostanziarsi di lotta proletaria. Non si può essere liberali senza aderire attivamente alla causa dei lavoratori; e non si serve efficacemente la causa del lavoro senza fare i conti con la filosofia del mondo moderno, fondata sull’idea di svolgimento per via di contrasti eternamente superantisi, nei quali celasi appunto il succo della posizione liberale.
Tutta la socialdemocrazia europea, e non solo europea, si muove verso una forma di rinnovato liberalismo, che riassorbe in sé i motivi di movimenti apparentemente opposti (illuminismo borghese e socialismo proletario). Dovunque essa si batte per le libertà individuali, politiche, di voto e di coscienza. Gli aspetti messianici, finalistici, passano al secondo piano, mentre si impongono i problemi del concreto moto di emancipazione operaia. L’ideale di una società perfetta di liberi e di eguali, senza classi, senza lotta, senza Stato, si trasforma ogni giorno di piú in un ideale limite che vale non in sé, quanto come stimolo e fuoco dello spirito.
| |
Stato
|