La nuova fede si alimenta nel fatto della lotta e della ascensione proletaria, nello sforzo della società tutta quanta per superare i termini angusti ed ingiusti della società borghese, nella perenne sete di giustizia e ansia di libertà. E, piú in generale – elevandosi ad una contemplazione distaccata del moto sociale – nella visione della vita come inesausto cozzo di forze e ideologie che negandosi si superano per accedere a forme superiori di assetto sociale e di attività spirituale.
La formula socialismo liberale suona all’orecchio di molti, usi alla terminologia politica corrente, come una stonatura. La parola liberalismo ha servito purtroppo a contrabbandare merci di cosí varia specie e natura, e fu a tal punto per il passato orto borghese, che mal si piega oggi il socialista ad impiegarla. Ma qui non è che si voglia proporre una nuova terminologia di partito. Si vuol solo ricondurre il moto socialista ai suoi principî primi, alle sue origini storiche e psicologiche. Si vuol solo dimostrare come il socialismo, in ultima analisi, sia filosofia di libertà.
Passò d’altronde il tempo in cui politica borghese e politica liberale-liberista si identificavano. In tutto il mondo le borghesie non sono piú liberiste e non sono piú necessariamente liberali. Quanto piú il moto proletario s’afferma e si rafforza nelle masse il senso attivo della libertà, e tanto piú la borghesia, nelle sue frazioni piú retrive, tenta di sottrarsi alla disciplina e al metodo della libertà. Gli stessi nuovi orientamenti della produzione moderna – razionalizzata meccanicizzata teocratica –, sacrificatrice della personalità umana nell’operaio, costringono i socialisti a una funzione, anche nel senso tradizionale della parola, liberale.
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