Tra una libertà media estesa all’universale, e una libertà sconfinata assicurata ai pochi a spese dei molti, meglio, cento volte meglio, una libertà media. Etica, economia, diritto concordano in questa conclusione.
Il movimento socialista è dunque il concreto erede del liberalismo, il portatore di questa dinamica idea di libertà che si attua nel moto drammatico della storia. Liberalismo e socialismo, ben lungi dall’opporsi, secondo voleva una vieta polemica, sono legati da un intimo rapporto di connessione. Il liberalismo è la forza ideale ispiratrice, il socialismo la forza pratica realizzatrice.
La borghesia fu, un tempo, l’antesignana di questa idea di libertà, la depositaria della funzione liberale: quando, rompendo il quadro chiuso e gelido della vita feudale, vi portò germi fecondi di vita. Nella sua lotta contro il dogmatismo della Chiesa e l’assolutismo dei re, contro i privilegi dei nobili e i privilegi del clero, il mondo morto di una produzione immobile e coatta, la borghesia impersonò per una lunga teoria di secoli le esigenze di progresso della intera società. Oggi non piú. La borghesia ha trionfato, ha conquistato tutte le posizioni dominanti; ma per il suo stesso trionfo la sua funzione rivoluzionaria, di levatrice del progresso, volge al tramonto. Essa non è piú incalzata da una perpetua ansia di libertà, di progresso, di superamento delle posizioni acquisite; né la assiste piú un ideale universale, come nell’89, che trascenda il suo interesse di classe. Il sedicente liberalismo borghese si è forgiato un sistema rigido, chiuso, puntellato da quell’insieme di principî economici, giuridici, sociali, che si riassumono sinteticamente con la formula: Stato capitalistico borghese.
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