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Il proletariato può dirsi dunque l’erede della funzione liberale.
A una condizione però: che i poveri, che la classe lavoratrice, che il movimento socialista, in tanto reclamino la trasformazione della società borghese in quanto si pongano in grado, e per la teoria cui si richiamano e per le capacità che posseggono, di effettivamente migliorarla.
La lunga opposizione ha troppo abituato i socialisti a concepire il socialismo in termini polemici e in termini di pura forza. La società borghese è marcia, la società borghese è ricolma di attriti, di vizi, di ingiustizie: quindi, la si abbatta. Piano. In materia sociale abbatte solo chi sa costruire, anzi si abbatte solo nella proporzione in cui si è ricostruito, non foss’altro perché la vita sociale non può conoscere soste e regressi; soste e regressi dei quali i primi a soffrire sono i proletari. Non basta piú dimostrare sulla carta che la società socialista è piú giusta e razionale. Bisogna farla funzionare in pratica: e per farla funzionare occorrono le capacità; e le capacità non si improvvisano, e neppure basta che esistano in una esigua minoranza.
Il socialismo da problema astratto di giustizia sta trasformandosi ogni giorno di piú in un problema di capacità. Torna Proudhon...
Contro questo tentativo di esprimere il socialismo in termini di libertà, di riconoscere nel movimento socialista l’erede della funzione liberale, si è obbiettato che il liberalismo male si concilia col programma ricostruttivo cosí preciso e categorico che distingue i partiti socialisti moderni.
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Proudhon
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