Sviluppare queste forze di produzione, svilupparle il piú rapidamente e integralmente, ecco il mezzo migliore per avvicinare la società nuova. Marx però riteneva che questo processo di sviluppo fosse rapidissimo e determinasse in breve volgere di tempo una crisi catastrofica nel sistema dei rapporti capitalistici; mentre la realtà ha dimostrato come questo sviluppo non conducesse necessariamente a conclusioni socialiste. Di qui la crisi della dottrina socialista, la sensazione che la macchina economica non segna una direzione obbligata, la revisione dei programmi, il subentrare di una visione piú complessa e realista in tutti i movimenti socialisti. Come il viandante che in distanza scorge sull’orizzonte la montagna con contorni netti e regolari e poi, avvicinatosi, la scopre sinuosa e tormentata, tutta pieghe e ondulazioni, cosí il socialista, seguendo da presso la vita economica e sociale, si è reso conto dell’eccessivo semplicismo e unilateralità dei programmi iniziali.> In tutta Europa stiamo assistendo in questi anni a una profonda trasformazione del movimento socialista, nel senso di una sempre maggiore aderenza alla realtà, di una sempre piú decisiva prevalenza riconosciuta al moto operaio e ai programmi concreti, immediati. Uno dopo l’altro i residui utopistici e messianici, che tanto posto occupavano ai primordi, vengono abbandonati; mentre nella letteratura cadono nel giusto oblio, i vecchi libri catechistici o apocalittici che si proponevano di delineare l’ipotetico Stato socialista nei piú risibili dettagli.
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