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      La loro mentalità barricardiera è per lo piú un ricordo libresco, una sentimentale tradizione romantica, giacobina, tratta dai fasti della Rivoluzione francese, quando pure non è una astrazione di filosofi cerebralizzanti. Ché non appena la borghesia, abilmente profittando delle loro dichiarazioni sconvolgitrici, passa all’azione illegale, essi non sanno ordinariamente far nulla di meglio che appellarsi alle sacre carte costituzionali violate, ai diritti innati calpestati, al senso di umanità rinnegato, solennemente rimproverando i randelli borghesi – ahimè troppo spesso manovrati da autentici proletari – di non restar fedeli allo spirito della loro civiltà che deve – chi sa poi perché – essere sempre e solo fedele al metodo democratico.>
      Pare impossibile, ma da parte di molti socialisti non si è ancora compreso che la riserva con cui essi sogliono accompagnare l’adesione al metodo democratico – riserva per la quale dichiarano di valersene sin tanto che tornerà loro comodo, salvo poi rinnegarlo – non serve altro che ad autorizzare i ceti reazionari a ricorrere subito ai mezzi illegali per stroncare tempestivamente un movimento operaio che minacci di farsi pericoloso.
      L’esempio italiano del 1919-20 è dolorosamente probante. Il partito socialista, pur avendo ottenuto un grandissimo successo elettorale, aveva raccolto non piú, e anzi meno, di un terzo dei voti: non disponeva perciò della maggioranza, malgrado le elezioni si fossero svolte, per la prima e ultima volta in Italia, in guisa del tutto regolare.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184

   





Rivoluzione Italia